L’Italia è attualmente molto indietro nello sviluppo dell’agricoltura digitale. Attualmente, solo il 2% della superficie agraria del nostro Paese utilizza sensori o robot per svolgere il lavoro. Questo significa da una parte una certa arretratezza tecnologica, ma, dall’altra, è sinonimo di grandi potenzialità. Va detto che l’Italia sta giocando una partita importante dal punto di vista della formazione in questo settore. Siamo, infatti, in prima fila nell’ambito del progetto SEED (Smart Entrepreneurial Education and training in Digital farming). Questo significa che si cerca di colmare il gap con le altre industrie. Ma cosa comporta avere una formazione a riguardo?
La geolocalizzazione
L’agricoltura di precisione è uno dei campi più sviluppati in questo momento. Il suo focus è basato sulla gestione dei concetti di spazio e tempo. Detto in altri termini si punta a massimizzare il lavoro attraverso un sistema di monitoraggio remoto. Proviamo ad essere pi chiari: all’interno di uno stesso campo, la produzione molto probabilmente non sarà omogenea. Molto spesso ciò è dovuto ad un terreno difforme nelle sue varie zone, vuoi per una differenza composizione o per la presenza di avvallamenti dove l’acqua ristagna. Come si risolve il problema? Mediante l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. Una di queste è appunto la georeferenziazione. Questa consente di conoscere l’esatta posizione durante lo svolgimento del lavoro grazie alla connessione di una ricevente con i dispositivi satellitari. Tali sistemi possono essere combinati e integrati con sensori di prossimità che garantiscano l’interoperabilità tra diversi dispositivi. E’ cioè possibile un monitoraggio remoto affidabile.
La blockchain
Chi associa la blockchain esclusivamente alle criptovalute, commette un errore di fondo. La tecnologia lanciata da Satoshi Nakamoto può essere utilizzata anche nell’agricoltura digitale. Si prenda il caso dell’azienda l’italiana Foodchain. Questa consente di raccogliere, registrare, analizzare, validare e certificare in modo sicuro i dati e le informazioni n ogni fase della supply chain, attraverso le funzionalità aperte di blockchain. L’interconnessione tra il “libro mastro” e l’Internet of Things, (come ad esempio veicoli a guida autonoma o droni) è il successivo passo per una crescita dell’agricoltura 4.0.
Quali competenze?
Per poter usare certe tecnologie occorrono competenze specifiche. Nel settore agro-alimentare sono così nate due nuove figure: Geographic Information Manager (GIM) e Geographic Knowledge Enabler (GKE). Il primo ha il compito di promuovere la crescita del livello di qualità e competenze tecniche, mentre il secondo deve principalmente promuovere la consapevolezza e il pensiero spaziale. Queste figure devono avere però, competenze nelle varie nuove tecnologie. Per questo è nato il progetto europeo SEED. In Italia è stato lanciato in Umbria. Il suo scopo è sviluppare le conoscenze in agricoltura attraverso la trasformazione digitale. Il progetto dura due anni punta a coinvolgere Enti di formazione e Aziende agrarie / ICT e studenti. Non si tratterà solo di un corso teorico, ma prevederà soprattutto rilevanti attività formative sul posto di lavoro. Lo scopo di questo corso è triplice: aumentare il tasso di occupazione tra i giovani, sostenere un’alta qualificazione del settore a livello europeo e promuovere l’apprendimento basato sul lavoro.