La formazione digitale è stata inclusa in extremis nella manovra economica. La notizia è passata sotto traccia, ma riveste un’importanza capillare per le imprese. E’ stata, infatti, prevista la proroga di un anno delle agevolazioni: crediti di imposta del 50% per le piccole imprese e del 40% per le medie, con un tetto di spesa annuale di 300.000 euro. Per le grandi imprese, invece si è arrivati al 30% con un tetto annuo di 200.000 euro. In tema di formazione, però, occorre soprattutto un salto mentale da parte delle aziende, ancora restie al cambiamento digitale.
Un cambiamento difficile
Una ricerca condotta da Deloitte ha rilevato che solo il 18% degli investimenti è destinato allo sviluppo delle risorse umane, in contrasto con il dato globale del 40%. Le imprese, quindi, sembrano non sentirci da questo punto di vista. Sempre secondo questo studio, la maggior delle risorse è destinata alle nuove tecnologie relative ai processi (59%), al supporto ai clienti (54%) e alla produzione (38%). Questa situazione evidenzia una difficoltà a comprendere il ruolo delle PMI che non dovrebbe essere solo quello di assumere lavoratori, ma anche di formarli. Al contrario, invece, esse ritengono che questo compito spetti alle scuole che dovrebbero creare lavoratori a seconda delle esigenze di mercato. Sempre secondo la ricerca di Deloitte, il 79% dei dirigenti intervistati dai ricercatori, è necessario pensare a una riforma completa del sistema di istruzione, poichè è dai banchi che dovrebbe partire il processo di formazione digitalizzata.
Previsioni
La formazione digitale non va confusa con l’automazione. Secondo alcuni esperti, alcun settori rischiano di subire una riduzione della forza lavoro con settori come agricoltura, commercio e manifattura più esposti di altri. Qui si prevede nei prossimi 15 anni una riduzione del 15% della forza lavoro con oltre 3 milioni di lavoratori che rischiano di rimanere a casa.
Questa funesta previsione, però, dovrebbe portare ad un aumento della formazione, cosa che, al momento, non avviene. Attualmente nel nostro Paese solo l’8,3% dei lavoratori sono impegnati in programmi di formazione permanente. Un dato inferiore di 2.5 punti percentuali rispetto alla media europea pari al 10.8%.
Cosa dovrebbe cambiare
Una delle priorità del 2019 sarà quella di dare più spazio ai Competence Center. A Milano, il Politecnico ne istituirà uno con 39 aziende. La mission di queste strutture dovrebbe essere, fra le altre cose quella di consigliare le imprese su come investire basandosi principalmente su tre modelli di base: valutazione delle competenze dell’azienda, promozione delle competenze mancanti e attuazione della ricerca industriale. Da qui si partirà, dunque, per un processo di digitalizzazione sempre più ampio.